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L'ULTIMO RE DI SCOZIA

regia: Kevin Macdonald
Forest Whitaker (Idi Amin); James McAvoy (Nicholas Garrigan); Kerry Washington (Kay Amin); Gillian Anderson (Sarah Merrit); Simon McBurney (Nigel Stone)
anno: 2006


Trama:


Il dottor Garrigan, medico scozzese, durante una missione in Uganda, conosce il nuovo Presidente del Paese, il generale Idi Amin. Il dittatore, in poco tempo, accoglie Garrigan tra le fila del suo staff eleggendolo addirittura suo braccio destro. Con il passare del tempo Garrigan diventa così testimone e complice - suo malgrado - delle brutali azioni compiute da Amin. Esasperato e sconvolto, temendo anche per la sua stessa vita, il medico decide di fuggire dall'Uganda ...



GOLDEN GLOBE 2007 A FOREST WHITAKER COME MIGLIOR ATTORE DI FILM DRAMMATICO 


OSCAR 2007: MIGLIOR ATTORE PROTAGONISTA (FOREST WHITAKER)


Critica:


"L'ultimo re di Scozia' è un film al bivio tra diversi mondi. Non soltanto per le culture differenti che vi si incontrano, né per il fatto che uno dei due protagonisti è realmente esistito, l'altro è immaginario. Lo è, soprattutto, perché si colloca al confine tra documentario e fiction: da una parte Kevin MacDonald, premiato documentarista, ha raccolto materiali autentici e testimonianze in Uganda; dall'altra la sceneggiatura, tratta dal romanzo di Gilles Foden, è affidata a penne esperte come quella di Peter Morgan (lo sceneggiatore di 'The Queen'). (...) Se è cosa lecita ricavare uno spettacolo da sofferenze reali, il film assolve bene il suo compito. Ottimamente scelti gli attori: a cominciare da Forest Whitaker, s'intende, candidato all'Oscar per il suo Amin Dada carismatico e brutale, fragile e mostruoso insieme. Bellissima la fotografia a colori saturi di Anthony Dod Mantle; più che efficace l'impasto musicale, dove si mescolano musica funky africana e rock scozzese." (Roberto Nepoti, 'la Repubblica', 16 febbraio 2007)


"Quando Forest Whitaker impersona il presidente ugandese Amin nell''Ultimo re di Scozia' di Kevin MacDonald, si coglie la differenza fra la sua interpretazione e quella di Helen Mirren in 'The Queen', che è un'imitazione di Elisabetta II. Si noti che gli Oscar vedono nominati entrambi. Amin era reduce della repressione in Kenya contro i Mau Mau e, da ascaro britannico, fu messo a governare l'Uganda. Dell'emancipazione di Amin si occupa il film di MacDonald, dove Amin è visto con lo sguardo del suo medico scozzese. Dettaglio importante: in Kenya aggregato a un reparto scozzese, Amin aveva finito col sentirsi scozzese! 'L'ultimo re di Scozia' ammette fascino e forza d'un politico poi oggetto di sistematica diffamazione, come lo era stato di sistematico incensamento. E constata come il colonialismo cambi nome, non sostanza. E se il 'buono' è il medico, che si crede eminenza grigia, il vero simpatico è il "cattivo" che non crede in nessuno." (Maurizio Cabona, 'Il Giornale', 16 febbraio 2007)


"Un lungo e sofferto percorso di presa di coscienza che ha il suo principale punto di forza nella prova dei due attori scelti per i ruoli principali, Forest Whitaker nei panni di Amin e James McAvoy in quello di Nicholas Garrigan. Anzi, proprio l'attore nero (giustamente candidato all'Oscar) regge sulle proprie spalle tutto il film. Senza inseguire la troppo facile strada mimetica, Whitaker riesce a entrare nel personaggio grazie a un lavoro di scavo psicologico che utilizza al meglio le risorse della sua imponente statura per restituire sullo schermo il magnetismo minaccioso che Idi Amin Dada seppe esercitare sui suoi compatrioti. E naturalmente su Garrigan che McAvoy presenta sullo schermo con tutta la carica del suo incosciente entusiasmo giovanile, incapace di fermarsi davanti a quello che gli piace. Tanto che corteggia prima la moglie (Gillian Anderson) del medico che l'ha accolto in Uganda, poi addirittura una delle spose (Kerry Washington) dello stesso dittatore. Innescando così la mortale vendetta di Amin. Questa bella prova di recitazione, però, non riesce a cancellare tutti i difetti del film, che finisce per essere troppo sbilanciato dalla parte di Idi Amin Dada. Non perché la trama non ne metta in evidenza delitti e ferocia, ma perché il personaggio di Garrigan è troppo schematico, non vive mai di vita propria ma resta schiacciato dal suo compito drammaturgico che è appunto quello di lasciare la scena all'altro. È la sceneggiatura (di Peter Morgan e Jeremy Brock) il vero punto debole del film perché non riesce a mettere sullo stesso piano i due personaggi, quello reale e quello inventato. Troppo sbilanciata a favore del primo, che domina sempre la scena (grazie anche alla prova superba di Whitaker, vale la pena di ripeterlo)" (Paolo Mereghetti, 'Corriere della Sera', 16 febbraio 2007)


 

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