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IN UN MONDO MIGLIORE

regia: Susanne Bier
Mikael Persbrandt, Wil Johnson, Trine Dyrholm, Ulrich Thomsen, Camilla Gottlieb, Eddie Kihani, Emily Mglaya, Satu Helena Mikkelinen (113')
anno: 2010


Una storia di adolescenti e di adulti, un intreccio di esistenze contemporanee segnate da separazioni importanti e da scelte di vita nette, e per questo apparentemente retrò, coinvolge poco a poco lo spettatore di “In un mondo migliore”.
La drammaticità dei bivi viene segnalata subito attraverso le differenti location della storia: un campo profughi africano caratterizzato dai suoni, rumori, voci e colori a dominante calda, nel caos apparentemente “selvaggio” in cui Adam fa il medico, alternati al silenzio, l’ordine, i colori freddi del paese della Danimarca, dove Adam ha una famiglia (moglie da cui si sta separando e due figli) e dove la vita di suo figlio Elias si interseca con quella di Christian, trasferitosi con il padre dopo la morte della madre. La vicenda resta volutamente “opaca” all’inizio, spiazzando un po’ lo spettatore e costringendolo a dipanare i fili della matassa, in un “meccanismo” che poi favorisce l’immedesimazione, non disprezzando anche toni melodrammatici.
Le sequenze ricorrenti con stormi di uccelli che si stagliano su cieli al crepuscolo, o pale eoliche tra campi e colline, o distese di acqua, o notturni lunari punteggiano la narrazione, segnandone le criticità, le fasi in cui qualcuno dei personaggi si trova ad un bivio. Esemplificativa tra tutte la figura di Adam, che come un filo rosso continua tra mille difficoltà e “bivi” a segnare la via che sembrerebbe l’unica in grado di portare verso “un mondo migliore”, ad ogni latitudine e in ogni cultura: quella dell’impegno personale nella risposta non-violenta alla violenza dilagante, sia nella situazione evidentemente “estrema” africana che in quella della apparentemente “civile” ed evoluta Danimarca. Fa piacere ritrovare ogni tanto una regia “schierata” a favore della fatica di riconciliare e ricostruire, a livello individuale come a livello collettivo, che risulta fuori del coro e controcorrente in una cultura sempre più spesso rassegnata alla logica dell’ ”usa e getta” quando non funziona più e se puoi fatti valere con la forza dei muscoli.
Premio del Pubblico per il Miglior Film e Gran Premio della Giuria al Festival di Roma 2010.
Valutazione: quattro pallini abbondanti.

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