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HABEMUS PAPAM

regia: Nanni Moretti
Margherita Buy, Roberto Nobile, Michel Piccoli, Nanni Moretti, Jerzy Stuhr, Renato Scarpa, Franco Graziosi, Massimo Dobrovic, Leonardo Della Bianca (105')
anno: 2011


Dalle immagini di repertorio sul funerale di Papa Giovanni Paolo II, si passa alle prime inquadrature del film con altre folle che attendono l’inizio del Conclave e le relative notizie. Poi ci spostiamo all’interno dei palazzi Vaticani per assistere alla processione dei cardinali che, intonando le litanie dei Santi, si avviano alla Cappella Sistina per iniziare la seduta. Colori, ritmo, inquadrature, le brevi battute dei giornalisti, tutto ripreso sul piano della verosimiglianza, quasi documentaria. Nello stesso clima di serena serietà seguiamo l’apertura del Conclave, l’attesa della folla, l’ansia dei cronisti… Finché, ad una ripresa dei lavori, improvvisamente viene a mancare la luce: i cardinali si agitano al buio, qualcuno cade, rischia di farsi male, ma è questione di pochi attimi e le votazioni riprendono, fino alla designazione del cardinale Melville. Proprio in questo black- out iniziale, in questo conclave al buio, sembra di leggere l’avvio e anche il senso del nuovo film di Nanni Moretti; una storia che parla di un tempo difficile, il nostro, in cui “manca la luce”, al punto che anche chi è atteso come un punto forte di riferimento può vacillare e non vedere con chiarezza dentro se stesso e intorno a sé.
Anche altri cardinali, parecchi, imploravano in segreto lo Spirito di non essere scelti e il neo designato fin da subito vacilla di fronte alla domanda: “Accetti la tua elezione?”, prima del crollo alla prova del balcone. Neppure l’ingresso in Vaticano dello psicanalista più bravo sblocca la situazione, perché il Papa potrà risolvere il suo choc solo uscendo fuori dalle ansie di cui il conclave, ormai prigioniero, è carico.
Si avvia così il secondo motivo forte della sceneggiatura, il rapporto tra il “dentro” e il “fuori”, delle istituzioni, degli ambienti, degli uomini: un piano doppio, reso da un montaggio solo apparentemente parallelo ma in realtà alternato, fino allo “scioglimento” finale. Evidenti alcuni raccordi ricorrenti: il gioco (biliardo, pallavolo in un fantastico torneo mondiale tra cardinali, tornei di carte,…); il Teatro e l’Attore ( l’identità dichiarata dal Papa nella sua vita “fuori” dal Vaticano; la compagnia de “Il gabbiano” di Checov ; l’attore pazzo, lo smascheramento del Papa in sala…); la necessità da tutti avvertita di un “cambiamento” (“Todo cambia”, nel canto argentino che suggella molto suggestivamente il raccordo tra Dentro e Fuori nel suo divenire intradiegetico in contemporanea su tutta la narrazione)…
Il brusco finale, forse irrisolto, forse di colpo troppo drammatico, apre la dolorosa prospettiva, che sembra malinconica anche per il laico psicanalista che accetta la “terribile” affermazione del “non-senso” della vita, della mancanza di riferimenti forti in un momento storico che invece sente il bisogno di essere guidato attraverso il cambiamento.
Un’immagine della Chiesa appiattita sul piano esclusivamente umano, oltre il quale il laico Moretti, pur con affettuoso rispetto, non vuole (o non può) andare; ma anche la domanda di una figura di riferimento morale: una ricerca cui manca però l’ottimismo cristiano di chi è consapevole che Dio non si serve solo di “cavalli di razza”, ma più volentieri di umili “asinelli”.

Valutazione: 3 pallini e mezzo

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