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SWEET SIXTEEN (v.m. 14)

regia: KEN LOACH
MARTIN COMPSTON (LIAM); MICHELLE ABERCROMBY (SUZANNE); WILLIAM RUANE (PINBALL); ANNMARIE FULTON (CHANTELLE)
anno: 2002


Jean, la mamma di Liam, è in carcere ma deve essere rilasciata per il giorno del sedicesimo compleanno di suo figlio. Liam spera di poter passare almeno quel giorno come un ragazzo qualsiasi. Sogna di avere una vita normale, la famiglia che non ha mai avuto, una casa che possa essere un rifugio sicuro per lui, sua madre e sua sorella. Ma per questo servono soldi e non è facile procurarsene per un ragazzo come lui. Liam cerca di darsi da fare, ma sorgono subito dei problemi. Forse è il caso di andarsene prima che sia troppo tardi.

Critica:
"Osservando il soggetto con l'inflessibile sguardo politico di sempre, Loach non può che arrivare ad un epilogo di totale pessimismo. Ancora una volta, però, il suo talento lo preserva sia dal determinismo meccanico, sia dalla tentazione d'impartire una lezioncina sui disastri che la società provoca nelle vite degli umiliati e offesi. Ken riversa sugli sfortunati personaggi tutta la simpatia umana di cui è capace, facendone creature di carne e di sangue per le quali è assai facile provare solidarietà".
(Roberto Nepoti, 'la Repubblica', 22 maggio 2002)

"Nessuna ambiguità in 'Sweet Sixteen'. L'inferno non siamo noi, sono gli altri. Il mondo, la società, le regole. (...) Un crescendo di prove sempre più violente, che Loach registra con desolata esattezza. Fino al suo esito fatale, che coincide con l'eliminazione di ogni residuo legame. Soli non si può, con gli altri nemmeno. Forse è questo l'inferno peggiore".
(Fabio Ferzetti, 'Il Messaggero', 22 maggio 2002)


"I colpi di scena si succedono, gestiti dal regista Ken Loach con una sapienza all'altezza della sua fama. Vedi quella specie di esame che i gangsters fanno per scherzo all'inconsapevole protagonista ordinandogli di accoltellare un concorrente. Nel copione di Paul Laverty, premiato a Cannes, è subito chiaro che tutto finirà male perché mamma Jean vuol solo tornare al suo uomo e alla droga".
(Tullio Kezich, 'Corriere della Sera', 22 febbraio 2003)

PREMIO PER LA SCENEGGIATURA A PAUL LAVERTY AL FESTIVAL DI CANNES 2002

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