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GIARDINI IN AUTUNNO

regia: Otar Iosseliani
Séverin Blanchet (Vincent); Michel Piccoli (Madre); Muriel Motte (Odile); Pascal Vincent (Théodière)
anno: 2006



Trama:


Vincent è un uomo potente ed elegante, di aspetto piacevole, amante della buona cucina e dei vini raffinati e fa il ministro. Da qualche anno ha un'amante, Odile, una donna molto bella, intelligente ed affascinante. Avere vicino una donna così attraente, determinata e con le idee chiare, però, non è sempre facile e quando Vincent viene escluso dal Ministero per un cambio ai vertici del potere, lei lo lascia. Théodière, nuovo ministro in carica che prende il posto di Vincent, appena insediato nel bellissimo ufficio del suo predecessore, fa scomparire tutto quello che trova: gli scaffali, la libreria con tutti i suoi gingilli, le sedie, i divani, le poltrone, la massiccia scrivania, e persino posacenere e telefono vengono cambiati. Ma anche Théodière quanto potrà durare? Mentre il nuovo ministro inizia i lavori per distruggere quanto è stato fatto prima di lui, Vincent riscopre il piacere della vita.



Critica:


"Dal regista dei 'Merli canterini', una commedia dolce e ingannevole sull'avidità che ci inganna e tradisce, l'elegia di un mondo semplice da rivalutare per trovare un metro quadro di libertà. Per ridere, c'è Michel Piccoli en travesti." (Maurizio Porro, 'Il Corriere della Sera', 15 ottobre 2006)



"Brutta bestia il Potere, ma si può sempre guarire. E se il Napoleone di Virzì dall'esilio prepara la riscossa (è storia), il ministro trombato di Iosseliani la prende con ben altra filosofia. Succede in 'Jardins d'automne', una meraviglia di intelligenza e divertimento che come ogni film del grande georgiano è fatto soprattutto di corpi, ritmi, gesti, ripetizioni, distribuiti in gag sapienti e sottili come i suoi piani sequenza. Una musica che ti entra dentro e non esce più. Proprio questo fa infatti Iosseliani: prende un tema certo non nuovo (la vanità del potere, le gioie della vita semplice) e lo asciuga, lo concentra, lo sublima in facce e andature mai viste. Fino a farne una sorta di danza quasi senza dialoghi. (...) E' una posizione cinematografica (il tema trasformato in musica) ma anche morale: spogliati del potere cosa ci resta? Le nostre quattro ossa, o poco più. Ma non è poco, è moltissimo. Basta saperlo, e saperne godere. Questo ci manda a dire da Parigi l'esule Iosseliani. L'altro esule, Bonaparte, riempirà i libri di storia. Ma dovessimo passare un giorno o un anno con uno dei due, sapremmo chi scegliere." (Fabio Ferzetti, 'Il Messaggero', 15 settembre 2006)


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