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Fuori dal coro 2013

Anche quest'anno gli operatori del circuito "Sentieri di Cinema" presenti in laguna racconteranno su queste "pagine" il proprio punto di vista sulla Mostra del Cinema di Venezia.


Il gruppo, inoltre, farà parte della giuria CGS per il premio LANTERNA MAGICA 2013.

 

29/08/2013 Cominciamo bene!

Ogni promessa è debito e se la giornata di ieri è stata dedicata, per motivi logistici ad altro che non alle poche e limitate proiezioni in programma, oggi, si è entrati alla grande nella 70° kermesse cinematografica lagunare, mercè una piacevole “cinquina” di prodotti mediamente apprezzati.

Fuori concorso e in apertura a Venezia 70, GRAVITY di A. Cuaron cattura con un incipit claustrofobico e progressivamente catastrofico, che lo spettatore (complice il 3D)  vive “da dentro” gli scafandri statunitensi di Clooney e della Bullock, un astronauta esperto e una tecnica aerospaziale di alta specializzazione sorpresi da una tempesta di rottami provocata da un involontario errore che ha fatto esplodere una stazione spaziale russa. Il silenzio da Houston, la solitudine nello spazio siderale, la perdita del controllo di lei, la freddezza “leggera” di lui che sacrifica la sua salvezza per offrire a lei l’opportunità della sopravvivenza mentre emergono brandelli delle loro storie personali, riescono a coinvolgere e lasciano intravvedere le domande  drammatiche e intriganti de I FIGLI DEGLI UOMINI (2006): le ragioni per continuare a vivere, la necessità di contrastare la disperazione, l’idea che anche un rottame nella generale distruzione può essere un’ancora di salvezza se ci credi abbastanza, il “non mollare ora”… Ma poi la sovrapposizione degli effetti speciali, un certo avventurismo alla Indiana Jones, qualche predica di troppo, persino la visione di Clooney “deus ex machina”, fanno scivolare il tutto lontano dal Cuaron che avremmo voluto vedere… Sembra un po’ un ‘occasione perduta.  


Nella sessione dei film in Concorso apre le danze: VIA CASTELLANA BANDIERA di Emma Dante. Regista teatrale e cinematografica, attrice e autrice, la palermitana Emma Dante (della quale le cronache ricordano anche una controversa Carmen scaligera di qualche stagione fa), porta in Mostra un suo copione originale pensato per il grande schermo. Nella quinta polverosa di una stretta e popolare stradina periferica di Palermo, due donne si affrontano in un duello estenuante per la priorità nel senso di marcia. Il coté proletario fa da sfondo ad un duello rusticano che solo a prima vista riecheggia certe modalità narrative tipiche del Western, perché ritmo del montaggio, campi e tagli delle inquadrature, senza contare la minuziosa sceneggiatura e tutte le varie tematiche presenti nel testo filmico, nascondono profondità da Tragedia classica. Nel trio di donne coinvolte primeggia la splendida ed inossidabile Elena Cotta (solo tre battute in tutto il film, ma che classe!), seguono la stessa Dante e una opaca Alba Rohrwacher.

La successiva proiezione ci ha portato in Sala Grande, dove, nella Sezione “Orizzonti” abbiamo apprezzato il bel WOLFSKINDER del tedesco Rick Ostermann. Il film ricostruisce il dramma dimenticato dei “bambini lupo”, così furono chiamati quei piccoli tedeschi rimasti orfani e senza casa che vagarono dalla Prussia alle regioni baltiche dopo l’occupazione delle armate sovietiche. Sullo sfondo di una natura incontaminata bellissima e distaccata, in primo piano la storia di due fratelli separati durante la loro fuga e le peripezie del più grande dei due per ricongiungersi al minore. Nel viaggio incontrerà altri ragazzini come lui. Il regista, rispettoso al punto di non scadere mai nell’eccesso di emozioni (pur con tanto materiale disponibile in questo senso), regala al pubblico un’ora e mezza di narrazione tesa al limite del poetico. Veramente bravi i piccoli attori che, dopo i titoli di coda, hanno meritato un lunghissimo applauso e la standing ovation del pubblico. Un film da tenere in considerazione anche i giochi sono appena iniziati.

Preceduto da un buon battage pubblicitario, nella Selezione della 28° Settimana Internazionale della Critica, riscuote consensi e qualche perplessità l’originale cortometraggio d’animazione partenopeo: L’ARTE DELLA FELICITÀ di Alessandro Rak. Un tassista scontroso dal passato di talentuoso pianista si ritrova in crisi esistenziale dopo la morte del fratello (già violinista), partito anni prima per entrare in un monastero buddista. Alessandro Rak, regista e autore di cortometraggi e videoclip animati, corona il sogno italiano di una grande produzione capace di coniugare animazione tradizionale e 3D, musiche originali ed una linea grafica accattivante (anche se a tratti essenziale), in un racconto complesso che strizza l’occhio a pellicole con attori in carne ed ossa. Forse qualche pecca sta nella sceneggiatura corposa che tenta di restituire una storia intima di redenzione infarcita di tanti riferimenti alla realtà e fin troppe massime dalla principale filosofia orientale.

Quinta pellicola visionata NOBODY’S HOME della turca Deniz Akay. Lo stupefacente debutto dalla giovanissima cineasta mette in primo piano le tensioni familiari e i conflitti generazionali all’interno di un nucleo familiare allo sbando, quasi tutto al femminile, malgovernato da una Mater Terribilis preda della depressione. Dietro le quinte, il dramma sociale che si innesca nella famiglia tradizionale al venir meno del capofamiglia maschio. Sceneggiatura serrata e precisa, tempi calcolati mirabilmente, mano ferma nel provocare lo spettatore senza concedere sconti, ma senza neppure eccedere in facili gratuità, si assommano ad una cura notevole nella conduzione del cast. Un ottimo prodotto da tenere a mente per una eventuale rassegna (sperando nella lungimiranza di una distribuzione).

Prima dell’applaudita proiezione, purtroppo, due inconcepibili “spottoni” (di cui uno addirittura a firma della pur brava attrice Hiam Abbass) finanziati dal partner delle “Giornate”. Stupisce che qualche critico paludato si presti a queste operazioni di dubbio gusto sprecandosi in superlativi assoluti (prima della visione)… A questo punto, vista la crisi, è lecito aspettarsi pure la presentazione del set di pentole…

Conclude la nostra personale sestina della giornata, per la Sezione “Orizzonti”: PICCOLA PATRIA di Alessandro Rossetto. Nell’opprimente calura estiva della più cruda provincia veneta, fra lavoretti sottopagati, sagre di paese, raduni indipendentisti e famiglie alla deriva tra la messa domenicale, il dialogo interrotto fra coniugi e figli, l’apparente normalità sociale e le innominabili pulsioni mai del tutto represse, si muovono due ragazze intese a giocarsi il tutto per tutto (anche gli affetti) pur di scappare via. La narrazione, evidente metafora, prende l’avvio e si conclude con un coro polifonico che canta il depauperamento della propria terra, immagine dilaniante di quel disgregarsi del mito del Nordest di cui tante cronache ci hanno narrato. L’uso del dialetto e di attori locali aumentano il senso di “documento” insito in una sceneggiatura che, a detta dello stesso regista, lega improvvisazione e osservazione; ricerca e studio dei personaggi.

E per oggi è tutto, a domani con il nuovo aggiornamento.

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