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LOUISE - MICHEL

regia: Benoit Delepine e Gustave Kervern
Yolande Moreau, Bouli Lanners, Robert Dehoux, Silvie Van hiel, Jacqueline Knuysen, Pierrette Broodthaers, Francis Kuntz, Hervé Desinge (94')
anno: 2009


Dopo essere state assicurate sul futuro del lavoro e aver persino ottenuto un frivolo omaggio, le operaie di una fabbrica tessile, scoprono, da un giorno all’altro, che la fabbrica è chiusa per delocalizzazione. Spinte dalla più energica e risoluta, assoldano un killer per far fuori il “padrone”. Sgangherato, demenziale, cinico; una girandola di comicità nera che attinge dalle più profonde paure della contemporaneità irridendole, per esorcizzarle, il film dei registi francesi è la risposta amara della disillusione nei confronti del modello economico occidentale e della impossibile lotta contro un nemico di cui si fatica a trovare l’identità. Una curiosità: Louise Michel è il vero nome di un personaggio storico, celebre eroina anarchica, partecipante alla Comune di Parigi, fondatrice di scuole libere per i proletari, paladina del libero pensiero.

 

Trama:

Un giorno le lavoratrici di una fabbrica nella Picardia si svegliano con una triste notizia: lo stabilimento ha chiuso perché l'attività è stata trasferita altrove e loro riceveranno un indennizzo di 2000 euro ciascuna dopo ben quarant'anni di servizio. Riunite nel pub locale, le operaie decidono all'unanimità di mettere in pratica la proposta suggerita da  Louise: mettere insieme la loro liquidazione per ingaggiare un killer professionista, Michel, per uccidere il loro ex-capo ...

Critica:

"E se gli umili, gli sconfitti, i perdenti riuscissero per una volta a vendicarsi? Se don Chisciotte abbandonasse il suo destino da inguaribile sognatore e per una volta nella vita riuscisse davvero a sconfiggere i mulini a vento? Forse nella realtà non succederà, ma al cinema anche i sogni più audaci possono sperare di avverarsi. Proprio come è successo al film 'Louise-Michel', che la sua battaglia contro i fantasmi del 'buon', cinema e del 'buon' gusto l'ha vinta sia sullo schermo, che davanti. Sullo schermo perché racconta una di quelle storie che in anni più coraggiosi e spregiudicati si sarebbero dette 'oltraggiose' e che oggi sembrano condannate al sospetto e alla diffidenza. E davanti allo schermo perché la coppia di registi che la firma - Benoît Delépine e Gustave Kervern - è riuscita non solo a farsi finanziare un film così (da Mathieu Kassovitz e da Arte) ma soprattutto a non farsi omologare con i soliti discorsi sui 'gusti del pubblico' e le 'aspettative del mercato'. E il miracolo maggiore forse è proprio il loro, quello di due autori comici cresciuti alla scuola dell'irriverente programma tv 'Groland', che nel 2004 per esordire sul grande schermo propongono 'un road movie su una sedia a rotelle'. E lo girano davvero, interpretandolo anche in coppia (titolo: 'Aaltra'). Mentre il successivo 'Avida' (2006), racconta il tentativo fallimentare di rapire un cane. Storie improbabili, raccontate con un gusto tutto surreale per le situazioni paradossali, dove l'importante sembra essere soprattutto la ricerca di una logica antitelevisiva. E dove serpeggia uno spirito anarcoide che si diverte a scompaginare le regole, le sicurezze e le convenzioni, spirito che i due registi chiamano solo 'anar' per evitare ogni politicizzazione. Salvo poi chiamare i protagonisti del loro terzo film come il nome e il cognome di una celeberrima anarchica francese, Louise Michel." (Paolo Mereghetti, 'Corriere della Sera', 3 aprile 2009)

 "Tutto, per usare un termine di moda, 'politicamente scorretto', con quei malati richiesti di sparare, con quelle vittime designate che non sono mai quelle giuste, con il rapporto fra i due candidati assassini piegato, fino all'ultimo, ai risvolti più curiosi. Indicati anche dai loro nomi che, enunciati senza stacchi, Louise Michel, intendono citare polemicamente un'anarchica parigina fiera combattente, ai tempi della Comune, per i diritti dei lavoratori. Mentre al realismo si accoppia il surreale e il dramma lo costeggia un umorismo a freddo, nerissimo, senza nessuna contraddizione, comunque, 'narrativa' stilistica. I due protagonisti, piuttosto noti in Francia, riescono sempre ad esserne all'altezza. Yolande Moreau, una Louise tutta cipigli duri e ferme decisioni, Bouli Lanners, come Michel, uno dei sicari più balordi mai proposti da uno schermo. Una coppia secondo tutte le varianti del grottesco". (Gian Luigi Rondi, 'Il Tempo', 3 aprile 2009)

"L'ironia e mordente, si ride a denti stretti, Louise è l'opulenta Yolande Moreau, interprete di commoventi follie. il disadattato killer è Bouli Lanners. Inquadrature semplici e sbiadite, crudeltà barocche, nessuna pietà per i morti e i moribondi, autori originali sospesi fra le atmosfere di Aki Kaurismaki e la rilettura dei Coen nel brumoso Nord. In magica sintonia con lo stato di crisi, il film riesuma l'esproprio (e non solo) proletario e vi aggiunge la nuova ambiguità sessuale (non è la parte più riuscita) con un trucchetto che non va svelato". (Piera Detassis, 'Panorama', 8 aprile 2009)

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