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IL RITORNO

regia: Andrey Zvyagintsev
Konstantin Lavronenko (il padre), Ivan Dobronravov (Ivan), Vladimir Garin (Andrey), Natalia Vdovina (la madre).
anno: 2003


Due fratelli; uno adolescente, altro più piccolo. La loro vita è sconvolta quando, dopo una decina d’anni di assenza, si rifà vivo il padre. Chi è quest’uomo taciturno che, laconico sia sul proprio passato che sui propri progetti, prende un posto nella loro famiglia? Cosa vuole da loro? È veramente il padre?
Andrey Zvyagintsev (Novosibirsk, 1964), dal 1986 vive e lavora a Mosca dove si diploma presso l’Università Statale di Arte Drammatica; prima è attore in alcune realizzazioni di teatro indipendente poi regista per una serie televisiva. Il ritorno è la sua opera prima. Un esordio strepitoso, purtroppo offuscato dal lutto per la morte del giovane protagonista Vladimir Garin (avvenuta poco dopo il termine delle riprese in un tragico incidente), che tuttavia non ha influito sul giudizio finale della Giuria internazionale della 60ª edizione della Mostra del Cinema di Venezia. Un giudizio unanimemente favorevole, dettato dal confronto con un’opera di grande valore artistico. La bellezza selvaggia e quasi incontaminata del nord fa da sfondo ad una storia dagli evidenti rimandi archetipici: la scoperta, lo scontro rituale e l’eliminazione dell’adulto come affermazione del sé adolescente, l’entrare nella foresta e l’uscirne in qualche modo cambiati, l’affrontare prove di forza fisica e psicologica come in un rito di iniziazione all’età adulta. Non a caso “… per buona parte il film è uno sguardo con intenti mitologici sulla condizione umana” afferma il regista, il quale non regala risposte allo spettatore, non vuole “educarlo” o farlo partecipe di qualsivoglia “rivelazione” (la storia e la sceneggiatura non concedono nulla alla comprensione della vicenda). La sua riflessione sul desiderio della paternita, sul rapporto padre-figlio e figlio-padre, sulla complessa alchimia di sentimenti compresi fra gli estremi amore-odio, nei rapporti di cui sopra, rimane lucidamente e drammaticamente aperta. Naturalmente non mancano i riferimenti simbolici ad una realtà – quella russa – ancora clamorosamente disorientata dopo il crollo dell’Unione Sovietica. Fotografia di altissimo livello (Mikhail Kritchman), memorabili di due giovani attori: Ivan Dobronravov e il compianto Vladimir Garin.

Leone d’Oro Venezia 2003
Premio SIGNIS ex aequo con “Un Filme Falado” di Manoel de Oliveira

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