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MI PIACE LAVORARE

regia: Francesca Comencini
Nicoletta Braschi (Anna De Angelis), Camille Dugay Comencini (Morgana), Marina Buoncristiani, Roberto Celea
anno: 2003


Trama:
Anna, segretaria di terzo livello in un'azienda dove sono appena arrivati nuovi proprietari, sente crescere il vuoto intorno a sé: il suo posto viene inavvertitamente occupato, il suo capo la destina ad altre mansioni, è assegnata al controllo di una fotocopiatrice dove però nessuno le dà ascolto. La situazione si fa ogni giorno più difficile fino a quando, destinata al reparto spedizioni con funzioni di verifica, subisce l'ostilità degli operai che la avvertono come una spia mandata per provocare il loro licenziamento. A questo punto il dirigente la chiama per dirle che l'azienda è scontenta di lei, che è stata usata fin troppa comprensione e le offre di firmare le proprie dimissioni, aggiungendo velate minacce alla figlia di lei adolescente. Qui Anna ha una reazione determinata. Trova la forza per opporsi e per reagire. Un anno dopo Anna vince la causa intentata contro la ditta. Ora ha un altro lavoro ma intanto può partire per una vacanza con la figlioletta Morgana.

Commento:
Tra i tanti vocaboli anglosassoni entrati negli ultimi anni nel nostro parlare quotidiano, uno dei più recenti é "mobbing": derivata dal verbo 'to mob' (in inglese 'assalire'), in senso traslato l'espressione significa molestie morali, persecuzioni psicologiche, insomma emarginazione praticata sul posto di lavoro. Un fenomeno che forse non si può definire del tutto nuovo ma che è giusto oggi osservare in una stratificazione tanto più ampia quanto più è andato diversificandosi il mondo degli uffici e della gestione del personale. Opportuna dunque la scelta fatta da Francesca Comencini che ha preparato il copione solo dopo aver intervistato molte persone che hanno vissuto questa esperienza e parlato con esperti che hanno a lungo affrontato il problema. Affidato il ruolo di Anna alla sensibilità di Nicoletta Braschi, la regista ha poi utilizzato in tutti gli altri ruoli attori non professionisti e anzi presi direttamente dalle aziende: così è ridotto il senso di distanza tra finzione e realtà, così il racconto si muove dentro immagini spesso mosse e nervose, girate con la m.d.p. a mano in funzione quasi documentaristica. Asciutto e disadorno, il film diventa denuncia e insieme testimonianza, chiedendoci di essere coinvolti in quello che della vicenda resta l'aspetto centrale: il bisogno di rispettare sempre la dignità della persona, di non renderla bersaglio di offese o umiliazioni. (fonte ACEC)


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