RASSEGNA STAMPA
a cura del CGS DORICO

SIGNORE DEGLI ANELLI (IL) -- LA COMPAGNIA DELL'ANELLO
Cineforum - Alberto Crespi

Mai avrei pensato di ritrovarmi, nel 2002, a difendere Tolkien dai fascisti. 0 meglio (visto che Tolkien non ha alcun bisogno di avvocati difensori): di trovarmi, a circa 20 anni di distanza dai fatti, a difendere il mio amore per "Il signore degli anelli" dai volantini di Forza Nuova distribuiti fuori dai cinema (molto in sordina, devo dire: per fortuna sono quattro gatti) e dagli sguardi un po' perplessi di qualche amico che ancora chiede: ma davvero ti piace quella roba?
Ho una certezza e un sospetto. La certezza è che gli amici di cui sopra non hanno letto 'Il signore degli anelli', un po' perché - legittimamente, sia chiaro - non gli interessa, un po' perché gli hanno fatto credere che è roba di destra. Il sospetto è che non l'abbiano letto nemmeno i fascisti suddetti. Altrimenti avrebbero chiuso i campi hobbit, dove si esercitavano all'eversione, e avrebbero fatto ammenda pubblica e privata, rivolgendosi ad altri maitres à penser. Perché è da lì, dal testo, che dovremmo ripartire, approfittando del gigantesco battage pubblicitario legato al film di Peter Jackson. Per prepararmi al tema svolto qui sotto, 'differenze ed analogie fra romanzo & film', sono infatti andato a ripercorrere brani del libro, per l'ennesima volta (l'ho letto tre volte in italiano e una volta in inglese, ma alcuni capitoli li ho riletti in modo sparso decine di volte). Con il filtro dei succitati vent'anni, sono rimasto vieppiù sorpreso. Piacciano o meno gli hippy e la loro cultura, bisogna ribadire che è molto più lecita l'appropriazione del libro da parte loro (nel '67 c'erano le scritte 'Frodo lives' nei campus di Berkeley e di tutta la California), che non da parte dei neofascisti italiani.
Sarà lecito riassumere il fascismo, o qualcosa che oggi identifichiamo con esso, nello slogan 'Dio, patria e famiglia'? Ebbene, nel mondo immaginato da Tolkien non ci sono né Dio né patria (almeno nel senso fascista/leghista del termine) né famiglia. Spesso i suoi 'esegeti' di destra sottolineano che Tolkien era cattolico. Nella vita, può darsi. Ma nell'opera, nella cosmogonia da lui creata e nella mappa antropologicoculturale della Terra di Mezzo - un universo autosufficiente, con una storia e una geografia accuratissime e complesse non ci sono divinità. Nessun popolo della Terra di Mezzo adora degli dei. Semmai hanno il senso del focolare, del folklore (etimologicamente inteso: le storie e le leggende della tua gente), della memoria. Si dirà: ecco la patria. Certo: le etnie della Terra di Mezzo sono orgogliose di sé, i nani come gli elfi, gli uomini di Gondor e di Rolian come gli hobbit della Contea. Ma occorre anche interpretare un romanzo e capire cosa racconta: 'II signore degli anelli' è la storia di un'alleanza multietnica contro Sauron, il signore del male. La compagnia dell'anello (titolo del primo volume, nonché del primo film di Jackson appena uscito) è composta da un mago (Gandalf), due uomini (Aragorn e Boromir), un nano (Gimli), un elfo (Legolas) e quattro hobbit (il portatore dell'anello Frodo Baggins, il suo fido servitore Sani Gamgee, Meriadoc 'Merry' Brandybuck e Peregrino 'Pipino' Tuc). Gimli e Legolas inizialmente non si pigliano, perché i loro popoli sono nemici, ma poi diventano amici fedeli. L'unico che muore, Boromir, cade proprio perché pensa al proprio 'particulare' (vorrebbe l'anello, per portarlo a Gondor e sfidare Sauron), poi, dopo aver tentato di sottrarre l'anello a Frodo si pente e muore da eroe: è il finale del primo film, lievemente spostato rispetto al libro (di fatto il film "La compagnia dell'anello" racconta anche il primo capitolo del secondo romanzo, 'Le due torri'). Boromir, a suo modo, è un patriota ma la sua colpa è non capire che ci sono in ballo valori assai più alti del patriottismo (poi vedremo quali), che tutto il mondo è in pericolo e bisogna pensare, collettivamente, alla sua salvezza. E un concetto che Jackson sottolinea di continuo, con grande fedeltà al modello.
E la famiglia? Ah, bella storia: nel 'Signore degli anelli' le uniche famiglie sono quelle degli hobbit a inizio romanzo, e andatevi a leggere che figura ci fanno. Bilbo e Frodo sono scapoli: la vera famiglia del libro è quella dei Sackville-Baggins, hobbit avidi e gelosi che bramano solo l'eredità di Bilbo. Nella Terra di Mezzo è forte il senso della dinastia (i personaggi sono sempre 'Aragorn figlio di Arathorn', 'Gimli figlio di Gloin', 'Frodo figlio di Drogo' eccetera) ma, se possiamo scherzare per un attimo, vorremmo tanto avere qui davanti Tolkien e chiedergli come diavolo sono nati, tutti questi figli. La Terra di Mezzo è come Paperopoli: non ci sono mogli. I pochissimi personaggi femminili sono simboli di Madre Natura (Baccador), regine algide (Galadriel), vergini destinate a sposare il re (Arwen), ragni assassini (Shelob, e 'she' è in inglese il pronome femminile di terza persona), languidi sogni irrealizzabili (le Entesse idealizzate da Barbalbero). NON C'E IL SESSO, nella Terra di Mezzo, e senza sesso dove sta la famiglia?
Ma la cosa più fascista del libro, ribatterà qualcuno, è il Potere. 'Il signore degli anelli' parla solo di quello. In un mondo senza dei né patrie né famiglie, per cosa lottano tutti quanti? Per l'anello, simbolo del potere: un anello per domarli, un anello per trovarli, un anello per ghermirli e nel buio incatenarli. Ora, cosa ci dice Tolkien di questo anello e del Potere che esso rappresenta? L'anello allunga la vita di chi lo possiede e, infilato al dito, rende invisibili. Ma questi sono poteri minimi rispetto alla sua vera natura. L'anello corrompe chi lo porta, lo logora: Bilbo, che pure l'ha tenuto per anni senza quasi usarlo e senza conoscerne il tremendo potere, si sente come del burro 'spalmato su una fetta di pane troppo grande'. L'anello serve a dominare il mondo. Ma solo Sauron, l'oscuro signore, può riuscirci: chi volesse sottrarglielo diventerebbe suo schiavo, perché il Potere non può essere usato a fin di bene. Qualunque portatore dell'anello che volesse sfidare Sauron diventerebbe una sua caricatura, come i 9 portatori degli anelli destinati agli uomini, i Nazgul, i feroci cavalieri neri.
Chi ha scritto tutto ciò sarebbe un fascista? Semmai è un apolitico, un bucolico nostalgico dei tempi che furono, un uomo che nel suo studio di Oxford, lontano dai clamori del mondo, riviveva come un incubo l'esperienza nelle trincee della prima guerra mondiale (il modo in cui descrive gli orchi ci fa capire quanto odi tutto ciò che è militare, divisa, disciplina indotta, comportamento coatto) e sognava un'Inghilterra idilliaca e pre-industriale. Dicevamo dei valori: alla fin fine per cosa lottano Gandalf, gli hobbit e i loro alleati? Per il bene, certo. Ma cos'è il bene? E un mondo in cui i popoli non si massacrino l'un l'altro, vivano in pace nella conoscenza reciproca, e soprattutto RISPETTINO LA NATURA. Sull'autodeterminazione dei popoli, pure, bisogna capirsi. La Contea è un luogo ideale, ma è permeabile al male: quante volte Gandalf e Aragorn fanno notare agli hobbit che, se finora hanno vissuto in pace, è grazie a popoli più forti che li hanno protetti e di cui loro ignorano persino l'esistenza. C'è qualcosa di leghista (o, meglio, di provinciale) negli hobbit, ma il senso dell'odissea, dell'esperienza vissuta da Frodo, Sam, Merry e Pipino, è nell'aver girato la Terra di Mezzo, nell'aver conosciuto il mondo e la sua complessità. C'è una cosa che molti sembrano ignorare, a proposito del 'Signore degli anelli', e che va ribadita con forza: Tolkien non è manicheo. Il male è assoluto ma il bene è sempre relativo. Nemmeno Gandalf vuole l'anello perché sa che ne verrebbe corrotto. Bilbo è succube del suo fascino. Anche Aragorn è fallibile. Gli elfi, così eterei ed 'eletti', così superiori alle cose dei mondo, sono destinati all'estinzione. Questo è un altro punte essenziale: pochi fanno caso al fatto che 'Il signore degli anelli' descrive un mondo vecchio, in decadenza. La grandezza è nel passato, ora i 'buoni' non lottano per vincere e trionfare, ma puntano allo 0-0, a fermare Sauron e neutralizzare il Male per un po'.
Jackson - finalmente arriviamo al film - ha fatto bene a iniziare il film con il prologo che ci mostra il duello fra Sauron e Isildur e l'antica sparizione dell'anello. Sono informazioni che il romanzo diluisce nelle sue 1.500 pagine, ma che il film doveva dare immediatamente. Non tanto per farci il 'riassunto delle puntate precedenti' - impresa disperata, chi non conosce il libro avrà comunque la sensazione di smarrirsi - quanto per ribadire che stiamo entrando in un mondo dove il senso della Storia è ancora più radicato che nel nostro. L'altro 'tradimento' fondamentale è l'accurata descrizione dei lavori in corso a Isengard, il regno di Saruman. Lì si esalta l'anima ecologista del libro e del film: in entrambi il Male è connotato soprattutto dalla sporcizia, dall'inquinamento, dalla manipolazione della natura (gli orchi 'clonati'), mentre i buoni sono in rapporto ecologicamente corretto con il mondo (i nani rappresentano il regno minerale, gli elfi il regno vegetale e Gandalf ha un rapporto privilegiato con gli animali, aquile o cavalli che siano). Le 'industrie' degli orchi non ci sono nel libro, ma è bene che ci siano nel film. Ed è carino sapere che la società di effetti speciali fondata da Jackson con Richard Taylor si chiama Weta: è il nome di un insetto neozelandese antichissimo, sopravvissuto dai tempi dei dinosauri.
L'unico punto su cui Jackson non ha resistito è il versante femminile del film, che non è asessuato come il libro. Eliminando - scelta dolorosa ma obbligata, per motivi di concisione - il personaggio di Tom Bombadil ha cancellato anche la sua compagna Baccador, e a quel punto la meravigliosa regina elfica interpretata da Cate Blanchett (che, sospettiamo, dev'essere un elfo sul serio) non gli bastava. Così ha anticipato l'ingresso in scena di Arwen, che nel libro arriva solo nel finale per sposare Aragorn, ed è più un'icona che un personaggio. Jackson l'ha resa protagonista di una scena bellissima, dandole il ruolo del principe elfo Glorfindel e, anzi, ampliandolo: nel libro Glorfindel si limita a piazzare Frodo, ferito, sul suo cavallo e a ordinare al quadrupede di portarlo a Gran Burrone, battendo nella corsa i cavalli dei Nazgul. Nel film Arwen porta Frodo in sella con sé: l'inseguimento è un pezzo di cinema straordinario, e francamente la scena in cui Liv Tyler sfida i Nazgul al guado, chiamando in aiuto le acque del fiume, è potentissima. Oserei affermare che in questa sequenza, la più bella del film insieme al viaggio sotterraneo nelle miniere di Moria, Jackson ha migliorato Tolkien. Ci saremmo risparmiati, invece, il bacio fra Arwen e Aragorn nell'idillio di Gran Burrone: è un bacio Perugina in
salsa New Age, difficilmente digeribile. Ma 3 film, 9 ore in totale, non potevano stare sempre al massimo livello.
Poi, ci sono altre mille differenze sulle quali si eserciteranno i pedanti. Conta qualcosa che io avessi immaginato almeno EIrond, Aragorn, Gimli e Legolas molto diversi dai rispettivi interpreti? E che invece Jackson mi ha letto nel pensiero per i personaggi di Boromir, Galadriel, quasi tutti gli hobbit e ovviamente Gandalf, il mago definitivo della storia del cinema, grazie anche alla maestosa bravura di lan McKellen. No, in fondo non conta, perché il mio Aragorn è diverso dal tuo, dal suo e da tutti i vostri. E' quasi altrettanto inutile sottolineare tutti i punti in cui il film va molto di corsa rispetto al libro: per rispettare tutti i passaggi narrativi del primo volume ci sarebbero volute 6-7 ore. lo le avrei sopportate, molti altri 'tolkieniani' pure, ma il pubblico pagante? Diciamo che: 1) il discorso di Bilbo alla festa è troppo breve, 2) c'è troppo poco tempo fra la partenza di Bilbo e quella di Frodo, 3) il coinvolgimento di Merry e Pipino è frettoloso, 4) la scena della locanda di Brea introduce Aragorn in modo un po' brusco, 5) il gran consiglio alla casa di Elrond è eccessivamente breve, 6) nelle miniere di Moria le gallerie sono piene di cadaveri e infestate di orchi fin dall'inizio, 7) alle cascate di Rauros Frodo scompare in modo insignificante, mentre nel libro si isola dalla Compagnia per riflettere, solo, sul da farsi. Direi che solo i punti 3 e 4 nascondono qualche zeppa di sceneggiatura, gli altri sono sintesi necessarie, ampiamente compensate dalla potenza e dalla bellezza del film. Che per un tolkieniano, ci tengo a dirlo, è davvero stupendo. Anche se il Dvd con le scene tagliate sarà ancora più bello. Ma uscirà solo nel 2004, maledetto sia Sauron con tutti i suoi orchi!


SIGNORE DEGLI ANELLI (IL) -- LA COMPAGNIA DELL'ANELLO
Sette - Claudio Carabba - 24/01/02

Benvenuti al Tolkien Park, là nella selvaggia "Terra di mezzo", dove fra orchi e stregoni, cavalieri neri e folletti gentili, il Bene e il Male si combattono da secoli per la conquista (o la distruzione) del più pericoloso fra gli anelli magici, quello che assicura al suo portatore il potere assoluto. Senza esitazioni, la macchina da presa piomba su un campo di battaglia, fangoso e insanguinato... Spietata fu la lotta, ma nessuno dei duellanti riuscì a impossessarsi dell'oggetto del desiderio. Così, per caso o per destino, l'Anello finì in mano a Bilbo Baggins, il più saggio fra i piccoli hobbit che vivevano lieti nella loro verde contea. In dieci minuti di cinemavertiginoso, Peter Jackson riassume l'antefatto e poi affronta a ritmo svelto (ma gli ci vorranno pur tre ore) gli intrecciati sentieri inventati dalla erudita fantasia di J.R.R. Tolkien nella saga del Signore degli anelli. Ora può cominciare la lunga marcia del giovane hobbit Frodo e la sua prode Compagnia verso il monte di lava e fuoco in cui, per la salvezza dei popoli (umani e non umani) della Terra, l'anello dovrà essere distrutto. Perché nessuno, forse, può resistere al lato oscuro dell'Anello. Caduto l'antico dibattito ideologico fra la destra e la sinistra tolkieniana, che provocò imbarazzanti appropriazioni indebite e sorde antipatie, la discussione sul corpo del film è un'altra: un kolossal epico e favoloso, scandito da effetti assai speciali, può essere o no un'opera d'autore, uno dei modi possibili di inventare cinema nuovo? La risposta (mia) è assolutamente sì, anche se non tutti ci riescono. Peter Jackson, che è un visionario ardito, salta ogni ostacolo e vince la scommessa. Dimenticate l'ottimo Harry Potter: benché si parli in entrambi i casi di illusioni e magie, le due opere sono molto diverse per taglio e concezione. Semmai Il signore degli anelli, inteso come film, è vicino alle Guerre stellari di Lucas (Skywalker e il "lato oscuro della Forza", ricordate?). Scelte le facce giuste (i migliori sono Ian McKellen e Christopher Lee, maghi rivali), Jackson viaggia nelle solitudini della sua Nuova Zelanda, ha scontri e battaglie, giù nelle miniere dei nani maledetti, su nelle foreste di elfi e fate. Alla fine del primo atto, Frodo e il suo fido valletto Sam sono soli, non lontani dalla montagna del Male. Ci vorranno altri due anni e due film per sapere come andranno le cose. Le Two Towers, alte e sinistre, attendono il giovane hobbit. Anche quando sembrano proporre fughe ed evasioni, le grandi fiabe parlano di cose (e paure) permanenti: forse Manhattan è un'isola della "Terra di mezzo".